L’assemblea della Associazione Culturale Ateatro sul decreto attuativo della legge “Valore Cultura” (riferimento al documento del Ministero dell’8 gennaio 2014)
Dando atto dello spirito di rinnovamento che ispira il decreto attuativo (decreto-legge 91/2013 convertito con modificazioni dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112) e di alcune significative modifiche recepite in queste
settimane, l’assemblea della Associazione Culturale Ateatro ritiene che l’ultima elaborazione confermi punti
di grave criticità.
Si comprende la necessità di razionalizzare il sistema e tagliare scandalose rendite di posizione, ma con gli
attuali criteri si avverte anche il forte rischio della cancellazione di molte interessanti esperienze sulla base
dei criteri quantitativi, senza che vengano chiariti i meccanismi che selezionano e favoriscono il nuovo, il
ricambio, l’equità.
In particolare:
# la riforma della struttura del sistema non può basarsi prevalentemente sulle dimensioni aziendali e su una
valutazione burocratica dell’attività (con algoritmi sempre più inutilmente complessi), ma richiede
indicazioni precise rispetto alle funzioni dei soggetti nuovi o riformati (teatri nazionali, teatri di interesse
pubblico) e conseguentemente anche rispetto ai profili delle direzioni;
# più efficaci meccanismi di selezione devono saper individuare e coadiuvare le capacità progettuali e la
qualità artistica; NON possono essere basati solo su soglie d’accesso ancora più alte: privilegiare le realtà più
forti, senza tener conto delle attuali difficoltà (sul piano del mercato e delle politiche e risorse locali), porterà
alla desertificazione del territorio, creando centinaia di “esodati dal FUS”;
# la decisione di scremare drasticamente l’area della stabilità e dell’innovazione (ovvero di “ripulire il sistema
di una parte eccessiva di innovazione”, come auspicava il Direttore Generale dello Spettacolo già nel 2004)
ignora uno degli sviluppi più innovativi e positivi di questi anni: la nascita di numerosi TEATRI DI
PRODUZIONE, compagnie di produzione che gestiscono spazi con criteri progettuali e spazi che si
caratterizzano per la presenza di uno o più soggetti di produzione; questa modalità di lavoro non è
riconducibile solo alle residenze. E’ dunque necessario riconsiderare questa componente come AREA
intermedia fra stabilità e compagnie, oppure includere la valorizzazione di questa specificità, tanto in termini
quantitativi che qualitativi;
# nella definizione della triennalità – che consideriamo il punto fondamentale e qualificante della riforma –
bisogna saper distinguere “progetti” e “programmi”. La progettualità è necessaria e deve costituire una
discriminante per l’ammissione ai finanziamenti, mentre la definizione dettagliata dei programmi, con i rigidi
vincoli imposti dal Decreto, è nella pratica impossibile (in Italia e in questo momento, ma anche con
riferimento a eventuali progetti comunitari, considerando anche le relative tempistiche);
# nel rispetto della riforma del Titolo V della Costituzione, vanno definiti con chiarezza finalità e ambiti di
intervento delle Regioni: non si tratta solo di normare le Residenze, ma di impegnarsi affinché opportunità e
servizi per il pubblico e gli operatori siano presenti con equità su tutto il territorio nazionale;
# come Ateatro abbiamo infine richiesto che venga introdotto come obiettivo esplicito l’equità di genere: non
è una formalità, riteniamo che le pari opportunità siano un punto qualificante per qualunque vera riforma.
Il problema del teatro italiano non è l’eccesso di innovazione, ma l’incapacità del sistema teatrale di
valorizzare il nuovo.
L’Assemblea dell’Associazione Culturale Ateatro
Milano, 13 gennaio, 2014