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Workshop promosso dall’associazione “Punto su Firenze”
Scuola di Musica di Fiesole, 8 febbraio 2014

Nel campo della contribuzione, il passaggio dal criterio storico a quello più moderno del reference già applicato in parte nel cinema rappresenta una oggettiva novità sulla quale è inutile confrontarsi. Si tratta infatti di approdare ad un meccanismo di finanziamento dello spettacolo che tenga conto anche delle caratteristiche del soggetto produttivo e della qualità della produzione.
In questi anni il criterio del finanziamento dello spettacolo basato sulla storicità non sempre ha garantito lo sviluppo della qualità e dell’innovazione prodotta, sia perchè ha limitato l’emersione di nuove realtà produttive, sia perchè ha favorito una certa inerzia propositiva, tanto sul piano dei contenuti quanto sul piano dello sviluppo “industriale” ( come si spiega più avanti ) del settore. Un sistema del genere, infatti, ha posto spesso in secondo piano la valutazione complessiva dei risultati ottenuti.
Inoltre, gli operatori che accedono ai contributi su FUS, hanno spesso giustamente lamentato l’incertezza dell’entità e dei tempi di erogazione dei contributi stessi, derivante dalle continue modifiche del bilancio dello Stato in corso di esercizio. La nuova regolazione, basata sulla triennalità, può rappresentare una prima risposta in tal senso.
Sul piano più in generale della normativa, è indispensabile semplificare le norme e razionalizzare la disciplina in materia di spettacolo. Sono maturi i tempi per la redazione di un Codice dello spettacolo che si affianchi al Codice dei beni culturali del 2004, comprensivo anche delle nuove regole sull’alta formazione.
Il nuovo Codice dovrà cioè raccogliere tutta la normativa vigente, semplificandola e razionalizzandola, cosi’ da diventare uno strumento di lavoro agevole ed efficace.

2) FORMAZIONE DI ARTISTI E DI PUBBLICO
La formazione è centrale nel sistema dello spettacolo. Occorre anzitutto costruire un modello che distingua chiaramente tra la formazione di base, tesa prima di tutto a sviluppare un nuovo pubblico, e la formazione di eccellenza, incentrata invece su una selezione rigorosa dei talenti, su un meccanismo di tirocinio nelle strutture e una compatibile corrispondenza tra domanda e offerta del mondo del lavoro.
Il primo intervento riguarda l’offerta formativa nelle scuole dell’obbligo. Accanto ad un necessario aumento delle ore di insegnamento delle discipline dello spettacolo nella scuola dell’obbligo ( che richiede una preparazione degli insegnanti, oggi demotivati e spesso non sostenuti ) , è indispensabile ripristinare strumenti di penetrazione della scuola da parte delle istituzioni dello spettacolo, utilizzando i piani di offerta formativa extracurriculare.
Una proposta innovativa, legata al rapporto tra pubblico e privato, può essere quella di prevedere una totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni finalizzate all’istituzione di borse di studio. Su questo fronte si abbraccia l’idea di riconoscere all’Italia il ruolo di centro per la realizzazione di un progetto di “Erasmus delle arti e dei mestieri dello spettacolo”, co-finanziato dall’Unione Europea.
Un moderno concetto di formazione nel nostro Paese dovrà inoltre tenere presente dell’evoluzione tecnologica e concettuale del linguaggio artistico, oggi sempre più emancipato dalla classica distinzione dei settori, e trasversale ai linguaggi tradizionali. L’ incontro con il mondo del lavoro, infine, dovrà trovare una efficace applicazione con la formazione in residence: si tratta di incentivare, anche con strumenti economici, la creazione e lo sviluppo di veri e propri “vivai” di artisti all’interno dei luoghi di produzione culturale. Un modello cosiffatto porterebbe sul medio periodo ad una consistente razionalizzazione dei costi .

3) PRODUZIONE
Manca in Italia una vera e propria concezione di industria culturale, intesa non già come modello di riduzione della cultura a merce secondo l’accezione originaria, bensi’ come approccio innovativo sulle modalità di fruizione culturale. Un approccio che spinge verso una produzione culturale basata sull’ innovazione, sulla ricerca, su una visione sistematica orientata ad ottimizzare la produzione, sulla sostenibilità, infine su una proiezione internazionale.
Ovviamente la produzione culturale non può esaurirsi nella sola innovazione, poichè nel nostro Paese abbiamo patrimoni immensi che richiedono strumenti e politiche di conservazione. In questo senso lo scontro tra “innovatori” e “conservatori”appare non solo inattuale, ma persino dannoso: il vero modo di un nuovo sistema dello spettacolo sta nella capacità di tenere insieme entrambi gli aspetti. Insomma, dobbiamo essere innovatori anche quando conserviamo, mettendo al centro il moemento della fruizione e della formazione del pubblico. In concreto, le vecchie schematizzazioni tra contemporaneo e classico, o tradizione, non consentono di avere uno sguardo esaustivo sella creatività; anzi impediscono la possibilità di creare un’ offerta adeguata ai tempi e alle diverse domande.
L’ottimizzazione dei centri di produzione culturale, unita ad uno sforzo di networking, porta un valore aggiunto a fronte di un più razionale impiego delle risosre. Il sistema pubblico è chiamato a disincentivare le sovrapposizioni tra strutture e offerte e a premiare quelle realtà che riescono a sviluppare progetti di co-produzione e di collaborazione. In questo caso sarebbe opportuno che, soprattutto nelle grandi e medie istituzioni dello spettacolo, le diverse rappresentanze sindacali fossero sensibili a queste nuove esigenze produttive, tema che merita il coinvolgimento per un ulteriore approfondimento del mondo del lavoro.
Un ultimo spunto in questo ambito, riguarda il sostegno alla musica e al teatro italiano, come forma di consapevolezza del valore e dell’importanza internazionale della nostra identità culturale.
Un sostegno più generale alla produzione può venire da politiche più incisive di defiscalizzazione, partendo da espreienze recenti già consolidate come quella del tax credit nel cinema.

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