Cari amici, colleghi e associati
Mi viene spontaneo scrivere qualche riflessione dopo la triste, almeno per me, riunione di lunedì scorso. Naturalmente non mi riferisco alla sessione di lavoro riguardante il “tax credit” di cui forse non ho capito bene la portata e di cui sono per ora scettico (ma pronto a sposare la causa). Anzi, ringrazio soprattutto Michele Gentile, col quale forse non sono in completo accordo ma che l’ha voluta e organizzata. Lo ringrazio soprattutto per l’impegno che non è scontato e che ci dovrebbe riguardare di più.
Voglio sapere però se c’è una via alternativa. Non voglio passare dall’esame della commissione ministeriale all’esame della commissione della BNL (o chi per essa). O meglio mi può star bene ma voglio un’alternativa per le produzioni più piccole o che hanno più difficoltà a rapportarsi con un investitore.
Detto questo il resto dell’assemblea mi è sembrato veramente povero di contenuti, di passione e di vedute.
Vedo una pericolosa tendenza a tirare fuori piccoli problemi e dettagli marginali. Mi rendo conto che il costo del lavoro, i vigili del fuoco e altro sono vitali per la sopravvivenza delle nostre imprese ma sono convinto che alla base di un’associazione non ci sia solo un’intesa speculativa ma ci debba essere un progetto condiviso, un’idea comune di che cosa sia il nostro lavoro e di che cosa vogliamo da noi stessi e dalle istituzioni che dovrebbero rappresentarci.
Forse sbaglio e volo troppo alto ma ci vuole alla base un’idea “filosofica”, un “manifesto”. Esagero, un concilio vaticano II del teatro privato!!
Altrimenti parliamo di niente, di numeri che vanno bene ad alcuni, meno bene ad altri, ci lamentiamo, portiamo la nostra piccola esperienza personale. Senza capire chi siamo, cosa vogliamo come potremo mai pensare che la politica, le istituzioni ci ascoltino. Non contiamo nulla non perché siamo pochi o muoviamo pochi soldi o pochi voti ma perché non abbiamo un’identità comune, a piccoli gruppi lottiamo ciascuno per il proprio “giardino”. NON VA BENE, non serve agli associati e all’associazione, forse sta bene a pochi ma la maggioranza non ha nessun beneficio.

Personalmente desidero uno Stato che mi permetta, anzi mi lasci libero di scegliere se mantenere un’ impresa che tende all’industria o optare per una piccola società che tende all’artigianato. Vorrei un FUS che permettesse la possibilità di non produrre per forza, per fare i numeri ma che premiasse il valore artistico e culturale. Noi produttori non facciamo frigoriferi o telefonini, tutti uguali, tutti perfetti ma allestiamo spettacoli dal vivo che possono riuscire o non riuscire, avere successo o non averlo, che possono guadagnare molto o fare perdere altrettanto. Possiamo anche fallire o perdere tutto. Vorrei uno Stato che mettesse tutti nella condizione di poter avere lo stesso trattamento di rientro economico, tutti ripeto, grandi produzioni, piccole produzioni, giovani, anziani.
Si dice che lo Stato non ha più soldi e che in futuro ci saranno poche aziende sovvenzionate, tutte le altre saranno spazzate via. La nostra associazione è d’accordo con questa previsione? I soci sono in sintonia con questo concetto? Io no. I soldi per lo spettacolo dal vivo, al netto della lirica, sono pochi spiccioli, devono assolutamente aumentare, soprattutto quelli destinati ai teatri che ospitano le compagnie. Si dice che i soldi non ci sono. Non è vero, i soldi ci sono e sappiamo bene che possiamo dimostrarlo ma soprattutto possiamo dimostrare quanto ogni centesimo speso per il nostro settore produca poi un ritorno per lo Stato medesimo. Quanto costa allo Stato un attore o un tecnico disoccupato e quanto potrebbe invece ricavarne se con una quota degli oneri sgravata a una compagnia questo tecnico o attore lavorasse, pagasse le tasse, consumasse?
Altro suggerimento impossibile (ma è nostro dovere morale tentare) per la classe politica con la quale dovremmo forse confrontarci (non chiedere) riguarda il servizio pubblico televisivo. Personalmente credo che non sia compito della RAI farci sapere se una compagnia telefonica è meglio di un’altra o trasmetterci le opinioni politico filosofico delle ex miss Italia (con rispetto per tutti) o dell’opinionista di turno; vorrei che la RAI ci informasse del programma estivo dei teatri in pietra, dei festival, delle mostre; vorrei che ci proponesse, oltre che vecchi telefilm inutili, magari qualche vecchio spettacolo restaurato… Sky sta facendo un ottimo dietro le quinte! Possiamo, anche magari per bocca degli artisti che scritturiamo, chiedere alla politica che ci ascolti in questo senso?

Al di là dei modi e dei metodi mi preme però sapere con chi o a che fare, come la pensano i miei colleghi soci, voglio sapere chi è contrario al FUS, chi non lo è o magari vorrebbe farne parte. Chi pensa che una piccola parte dei soldi pubblici debba sostenere il teatro privato e chi no.
Come rapportarci al teatro pubblico, con i circuiti. Chi ha voglia di denunciare sprechi, malaffare e oggettiva incompetenza di chi governa il nostro settore e chi non lo vuole fare.
Io non voglio incatenarmi davanti al parlamento, anche se uso questo esempio, ma sono stufo di sentirmi dire che protestare non serve a nulla, che bisogna stare zitti e subire passivamente la violenza che i nostri amministratori ci riservano.
Sento dire che il grande pubblico non ci seguirà perché ci considera una casta di buffoni privilegiati che spreca denaro.
Bene, vogliamo far vedere al grande pubblico chi spreca il denaro e come vivono la maggior parte dei tecnici e degli attori oggi, nel 2014? Facciamo un documentario!
Vogliamo far sapere al pubblico quanti e quali sprechi ci sono nel nostro settore?
Vogliamo denunciare la gestione della lirica. Un direttore generale che è stato commissario del maggio fiorentino e del San Carlo di Napoli disse anni fa che era tutto a posto. Abbiamo visto. Milioni e milioni di euro buttati via e sfido chiunque a incontrare qualcuno per strada che abbia visto un’opera lirica.
Mi rendo conto che un singolo trema all’idea di sfidare il potere ma un’associazione ha il dovere di farlo se ha degli associati che credono in quello che fanno.

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