DI SERGIO FRIGO

Si avvicina la scadenza (il 5 maggio) per il rinnovo della direzione del Teatro Stabile del Veneto, su cui si stanno intrecciando contatti e trattative. Un percorso un po’ a zig-zag, perchè dopo le divergenze del vice-presidente Giampiero Beltotto sul progetto del presidente Angelo Tabaro, una successiva tregua di riflessione e la scelta di una terna fra una ventina di auto-candidati, il Cda ha deciso di consultare i soci (Regione e Comuni di Venezia e Padova) prima di procedere alla nomina. «Decisione irrituale, subalterna alla politica, che evidentemente però l’ha sollecitata», l’ha stroncata senza mezzi termini l’assessore padovano alla cultura Andrea Colasio, che ha incontrato Tabaro.
Fra le tre candidature sembrano prendere quota quelle di Pierluca Donin e (soprattutto) di Massimo Ongaro, il primo appoggiato dal presidente, il secondo dalla maggioranza del Cda, anche se bisognerà vedere cosa uscirà dall’incontro fra i soci. Antonio Calbi è invece in corsa anche per la direzione del Teatro di Roma. A far pendere il piatto della bilancia dalla parte dell’ex direttore del Teatro Fondamenta Nuove e dirigente della Biennale sarebbe anche l’impostazione del suo programma, più internazionale e indirizzata al contemporaneo (come vorrebbe il Comune di Venezia), mentre Donin punterebbe maggiormente al collegamento col territorio veneto e al teatro di tradizione, anche rinviando il riconoscimento dello Stabile come teatro nazionale, stanti le nuove disposizioni di legge.
Ma come vedono il futuro dell’istituzione due nomi illustri come Maurizio Scaparro, che è l’uomo che ha riconciliato tradizione e innovazione nel teatro veneziano, e Laura Barbiani, che ha gestito per un decennio proprio lo Stabile? Su una cosa concordano entrambi: prima di decidere sui nomi, bisognerebbe definire che cosa dev’essere questo teatro a Venezia e nel Veneto; in secondo luogo sostengono che lo Stabile ha le carte in regola per ambire al riconoscimento nazionale, «a partire da una tradizione consolidata – dice Scaparro – che parte da Ruzzante e Goldoni per arrivare a Pascutto e Palmieri». «Se si decidesse di non farlo – aggiunge Laura Barbiani – significherebbe ripiegare su una decorosissima connotazione locale, che a mio parere però non offrirebbe prospettive nemmeno ai giovani talenti che si affacciano a questo settore, e rischierebbe per di più di non valorizzare neppure l’identità territoriale».
È proprio a partire dall’identità culturale del Veneto, invece, che Scaparro vede inedite opportunità per lo Stabile: «Valorizzare il teatro e la lingua del Veneto e perseguire il riconoscimento nazionale significa automaticamente rivolgersi anche all’Europa: se ci sono città che propongono Mozart, o Moliere, Venezia può proporre Goldoni, coinvolgendo la Fenice e la Biennale, in un festival che magari si svolga durante il Carnevale: la gente sarebbe felice di non dover riproporre le solite maschere».
Laura Barbiani invece aggiunge altri due punti: «Una politica rivolga alla scuola, ai giovani, che devono essere maggiormente coinvolti per diventare il pubblico di domani e ai quali deve essere offerta la possibilità di interloquire con le realtà internazionali a partire proprio dalla propria identità veneta: ci avevo provato, ma purtroppo Alessandro Gassmann non era particolarmente interessato. Ma anche riacquistare il pubblico che, a detta degli stessi consiglieri dello Stabile, nell’ultima stagione si è perduto: bisogna puntare su spettacoli belli e di grande consenso, su una programmazione anche ruffiana, ma bisogna anche tirar fuori inventiva, personalità e passione».
Potrebbero apparire, entrambe, delle autocandidature: ma Scaparro dice che l’umido di Venezia gli fa… venire l’artrosi, e poi ha due grossi progetti in corso (vedi a fianco): «Ma darei volentieri un contributo disinteressato – aggiunge – per amore della città»; Laura Barbiani invece (a sua volta fra i candidati per Roma) avrebbe avuto il profilo perfetto (competenza teatrale e doti manageriali), scontando però l’ostilità da parte della Regione e del Comune di Padova.
E l’attuale terna, dunque? Se la Barbiani, non si pronuncia, ma si chiede perchè si sia scelta la strada riduttiva delle autocandidature, Scaparro non si sottrae alla domanta: «Sono tutte candidature degne, e credo in particolare che Donin abbia le competenze adatte per valorizzare su scala nazionale il teatro veneto. Purchè non ci si appiattisca sulla qualifica di manager richiesta al futuro direttore: pessima parola, sembra che ci si vergogni di fare teatro, cioè arte: meglio il vecchio “soprintendente”, allora».

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